Con sentenza n. 24023 del 24 novembre 2016, la Corte di Cassazione ha dichiarato legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore condannato per spaccio di droga.
Infatti, il caso di specie, integra una condotta non conforme ai valori generali dell’ordinamento, esistenti nella realtà sociale e a tal proposito, secondo indirizzo ormai consolidato, il concetto di giusta causa non si limita all’inadempimento tanto grave da giustificare la risoluzione immediata del rapporto di lavoro, ma si estende anche a condotte extralavorative che, tenute al di fuori dell’azienda e dell’orario di lavoro e non direttamente riguardanti l’esecuzione della prestazione lavorativa, possano essere tali da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario tra le parti (si veda anche la recente Cassazione del 18 agosto 2016, n. 17166). Infatti, anche condotte concernenti la vita privata del lavoratore possono in concreto risultare idonee a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario, qualora abbiano un riflesso, sia pure soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto compromettendo le aspettative d’un futuro puntuale adempimento dell’obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività.
È stato dunque enunciato tale principio: “l’onere di allegazione dell’incidenza, irrimediabilmente lesiva del vincolo fiduciario, del comportamento extra lavorativo del dipendente è assolto dal datore di lavoro con la specifica deduzione del fatto in se, quando abbia un riflesso, anche soltanto potenziale ma oggettivo, sulla funzionalità del rapporto compromettendo le aspettative di un futuro eventuale adempimento dell’obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività, di gravità tale, per contrarietà alle norme dell’etica e del vivere civile comuni, da connotare la figura morale del lavoratore, tanto più se inserito in un ufficio di rilevanza pubblica a contatto con utenti“.