Con la circolare n. 4621 del 27 agosto 2015, il Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno, facendo seguito al parere espresso dal Consiglio di Stato n. 1048/2015, ha precisato che il permesso di soggiorno per motivi religiosi possa essere rilasciato solo qualora il cittadino straniero svolga nel territorio nazionale attività strettamente collegate al proprio ministero religioso.
Qualora tali presupposti vengano meno, perché, ad esempio, il titolare del permesso intenda dedicarsi ad attività lavorativa, viene a mancare l’unico presupposto di entrata e permanenza nel territorio nazionale e pertanto si configura un’ipotesi di diniego delle eventuali richieste di conversione di permesso di soggiorno da motivi religiosi a lavoro subordinato.
Con circolare n. 4621 del 27 agosto 2015 il Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione fa un excursus sulla difforme applicazione negli anni delle disposizioni che regolano la conversione del permesso di soggiorno agli stranieri che fanno ingresso nel nostro Paese con il preciso scopo di esercitare la attività legata al proprio ministero religioso. Più volte la stessa Amministrazione ha dovuto soccombere a una diversa decisione da parte dei Tribunali Amministrativi Regionali che anavano i provvedimenti di diniego in quanto ritenevano la tipologia dei permessi oggetto di conversione non tassativa. Le motivazioni che hanno portato a diverse interpretazioni traggono origine dall’articolo 5 c. 5 del D.Lgs. n. 286/1998 nel quale non è ravvisabile alcuna limitazione a tale conversione. Il Consiglio di Stato non sempre però ha dato seguito a tale indirizzo giurisprudenziale pronunciandosi quando a favore e quando in maniera contraria e dello stesso avviso del Ministero.
Inoltre si ricorda che, ai sensi dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 286/1998 e dell’articolo 14 del D.P.R. 394/1999 che regola le disposizioni dell’immigrazione, sono solamente i permessi di soggiorno rilasciati per motivi familiari, di lavoro subordinato e/o autonomo, a poter essere utilizzati per altre attività consentite anche senza conversione, e solo quelli rilasciati ai fini di formazione o studio possono essere convertiti in permessi di soggiorno per lavoro nei limiti delle quote d’ingresso stabilite.