Con la sentenza n. 13692/2015, la Corte di Cassazione ha precisato che il termine di 60 giorni per l’impugnativa del licenziamento, disposizione contenuta nell’art. 6 della L. n. 604/1966, non risulta applicabile, neanche in via analogica, ad ipotesi di ità del licenziamento.
La fattispecie in commento riguarda il licenziamento intimato ad una lavoratrice dall’inizio del periodo di gestazione fino al compimento di un anno di età del bambino; tale atto è affetto da ità ed è improduttivo di effetti, con la conseguenza che il rapporto è da ritenersi ancora in essere e il datore di lavoro inadempiente è condannato a riammettere la lavoratrice in servizio ed a pagarle tutti i danni derivanti dall’inadempimento. Questo perché il divieto di licenziamento opera in connessione con lo stato di gravidanza o puerperio e comporta la ità del licenziamento.
Ciò detto, si ricorda che la ità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e l’azione per farla dichiarare non è soggetta a prescrizione.
Con riferimento alla condotta della lavoratrice, la Corte ha precisato che il comportamento della lavoratrice gestante o puerpera, che al momento dell’assunzione al non porta a conoscenza del suo stato il datore di lavoro, non può in alcun caso concretizzare una giusta causa di risoluzione del rapporto lavorativo e la colpa grave.