Con la sentenza n. 13162 del 25 giugno 2015, la Corte di Cassazione ha sancito che, in materia di licenziamento per ragioni disciplinari, anche se la contrattazione collettiva prevede un determinato comportamento come giusta causa o giustificato motivo soggettivo di recesso, il giudice, nel valutare la legittimità del licenziamento, deve comunque verificare l’effettiva gravità della condotta addebitata al lavoratore.
Ciò che nella maggior parte dei casi rileva, ai fini della proporzionalità fra fatto addebitato e recesso consiste nella circostanza che la condotta posta in essere dal dipendente sia o meno suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento dei propri obblighi, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del lavoratore nello svolgimento dell’attività lavorativa, nonchè di far venir meno il grado di affidamento richiesto dalle mansioni esercitate dal lavoratore stesso.
Pertanto, il giudice deve sempre valutare se la sanzione espulsiva sia o meno proporzionata alla gravità del fatto commesso, dovendo il datore di lavoro poter contare su dipendenti onesti e corretti.