La Corte di Cassazione, con sentenza n. 11574 in materia di orario di lavoro, ha previsto che la disciplina vincolistica posta a tutela del lavoratore, è derogabile solo ad opera della contrattazione collettiva e nei limiti e con le modalità stabilite dalla legge: pertanto il consenso del lavoratore a una diversa organizzazione diversa del lavoro, risulta del tutto ininfluente.
La Corte di Cassazione ha infatti confermato la sentenza d’appello con la quale venivano respinte le opposizioni proposte dal datore di lavoro avverso le ordinanze-ingiunzione emesse dalla Direzione Provinciale del lavoro per il pagamento di sanzioni concernenti violazioni riconducibili al D.Lgs. n. 66/2003 in materia di orario di lavoro.
Nello specifico, era stato ascritto alla società, di non avere concesso, nei periodi e ai lavoratori specificamente indicati, il riposo giornaliero di undici ore consecutive ogni ventiquattro; di non avere fatto fruire, nei periodi e ai lavoratori specificamente indicati, il periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive ogni sette giorni; di avere adibito al lavoro notturno, oltre il limite delle otto ore in media nelle ventiquattro, alcuni lavoratori, pure nominativamente indicati nell’ordinanza. Le violazioni, costituenti illeciti amministrativi, erano state addebitate a seguito di accertamenti ispettivi. L’interpretazione seguita dal Tribunale si basava sulla considerazione della piena legittimità dei turni di lavoro attuati con il consenso dei lavoratori interessati, potendo costoro liberamente disporre del loro diritto ai riposi nel libero esercizio dell’autonomia contrattuale individuale. Tale soluzione non è stata condivisa in appello, in quanto il D.Lgs. n. 66/03 ammette, a certe condizioni ed entro determinati limiti, che solo la contrattazione collettiva possa derogare alla disciplina legale dell’orario di lavoro, ossia a norme poste a tutela dell’integrità psico-fisica dei lavoratori e dettate a protezione di valori di rango costituzionale, inclusi tra quelli elencati dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.