Con sentenza n. 54712 del 2016 la Corte di Cassazione ha argomentato il caso in cui, un dipendente, beneficiario dei permessi previsti dalla Legge 104/92, utilizzi tali permessi non in coincidenza del normale orario di lavoro.
La suddetta Corte ha ritenuto che, i permessi previsti dalla Legge 104/92 sono parametrati sugli interessi della persona con handicap e su una serie di benefici a favore delle persone che ad essa si dedicano.
In tale ottica, i suddetti permessi lavorativi, sono soggetti ad una duplice lettura:
- vengono concessi per consentire al lavoratore di prestare la propria assistenza con ancora maggiore “continuità”;
- vengono concessi per consentire al lavoratore, che con abnegazione dedica tutto il suo tempo al famigliare con handicap, di ritagliarsi un breve spazio di tempo per provvedere ai propri bisogni ed esigenze personali.
Quello che è certo è che, da nessuna parte della legge, si evince che, nei casi di permesso, l’attività di assistenza dev’essere prestata proprio nelle ore in cui il lavoratore avrebbe dovuto svolgere la propria attività lavorativa.
Di conseguenza, se è considerata assistenza continua quella che il lavoratore presta nei giorni in cui lavora (e, quindi, l’assistenza che presta dopo l’orario di lavoro), ne consegue che non vi è ragione per cui tale nozione debba mutare nei giorni in cui il lavoratore usufruisce dei permessi: infatti, anche in quei giorni egli è libero di graduare l’assistenza al parente secondo orari e modalità flessibili che tengano conto, in primis, delle esigenze del disabile; il che significa che nei giorni di permesso, l’assistenza, sia pure continua, non necessariamente deve coincidere con l’orario lavorativo, resta inteso però che l’assistenza dev’esserci.