Con la sentenza n. 23435 del 17 novembre 2016, la Corte di Cassazione ha asserito che, in caso di licenziamento illegittimo, l’eventuale revoca tardiva non pone il datore di lavoro al riparo dalle conseguenze dell’illegittimità del recesso.
Ciò significa che il datore di lavoro potrà essere tenuto a corrispondere il risarcimento commisurato alle mensilità di retribuzione perdute, senza poter beneficiare di alcuna riduzione.
La pronuncia giurisprudenziale include ben tre precisazioni in materia:
- in primis, fatta salva l’ipotesi della revoca esercitata entro 15 giorni, per la ricostituzione del rapporto a seguito di licenziamento è sempre necessario il consenso del lavoratore. Inoltre, la comunicazione tardiva non preclude al lavoratore la possibilità di optare per l’indennità sostituiva;
- in seconda battuta, la dichiarazione del lavoratore di optare per l’indennità sostitutiva della reintegrazione comporta la cessazione del rapporto di lavoro, quindi il risarcimento delle mensilità di retribuzioni perse va calcolato solo fino all’esercizio di predetta opzione e non fino al pagamento della stessa;
- in chiusura, non rileva il fatto che il lavoratore licenziato avrebbe potuto ridurre il danno cagionatogli dal datore di lavoro, accogliendo l’invito a riprendere servizio. Infatti, l’importo minimo delle cinque mensilità di retribuzione rappresenta “una parte irriducibile dell’obbligazione risarcitoria conseguente all’illegittimo risarcimento”.