Con sentenza n. 2239 del 30 gennaio 2017 la Corte di Cassazione ha chiarito quando la busta paga ha valore di prova.
La stessa corte aveva infatti già definito che, nei confronti del datore di lavoro, le buste paga costituiscono piena prova dei dati in esse indicati, in ragione della specifica normativa contenuta nella L. n. 4/1953, che prevede l’obbligatorietà del loro contenuto e la corrispondenza di esso alle registrazioni eseguite.
La busta paga ha però valore di piena prova circa le indicazioni in essa contenute solo quando sia chiara e non contraddittoria; diversamente, ove in essa risulti la indicazione di altri fatti tendenti ad estinguere gli effetti del credito del lavoratore riconosciuto nel documento (nella specie la indicazione di un controcredito del datore di lavoro per risarcimento del danno), essa è una fonte di prova soggetta alla libera valutazione del giudice, che dovrà estendersi al complesso dei fatti esposti nel documento.