ABBANDONO DEL POSTO DI LAVORO: È CAUSA DI LICENZIAMENTO?
La Corte di Cassazione con sentenza n. 9121/2018 ha legittimato il licenziamento di un dipendente per aver abbandonato il posto di lavoro. Il caso è quello di una guardia giurata che, togliendosi il giubbotto anti-proiettile, si è recato al bar antistante il luogo da controllare.
Adottando questa condotta la Corte ha fondato le sue ragione su due aspetti:
- quello oggettivo attiene all’abbandono quale distacco dal bene da proteggere e quindi il dipendente viene meno al suo dovere di sorveglianza;
- quello soggettivo consiste nella volontà della condotta, indipendentemente dalla finalità, non rilevando il motivo dell’allontanamento.
REPERIBILITÀ NON OBBLIGATORIA IN ASSENZA DI PREVISIONE CONTRATTUALE
La reperibilità non disciplinata da una previsione si intende come non obbligatoria e, pertanto, non può essere causa di sanzione disciplinare. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 7410/2018 nella quale viene affermato l’inesistenza di “un obbligo a carico del lavoratore di esecuzione di compiti, quale quello di reperibilità, essendo palesemente estraneo alla prestazione ordinaria dedotta in contratto”.
Il datore pertanto non ha il diritto di disporre unilateralmente l’esecuzione della prestazione lavorativa in virtù della reperibilità se quest’ultima non è oggetto di previsione contrattuale.
LICENZIAMENTO DURANTE IL CONGEDO PARENTALE DEL LAVORATORE CHE SVOLGE ALTRA ATTIVITÀ LAVORATIVA
Secondo la Corte di Cassazione, con sentenza n. 7425/2018, è legittimo il licenziamento di un lavoratore che presta attività lavorativa, anche gratuitamente, durante la fruizione del congedo parentale. Nel caso specifico infatti, un genitore durante il congedo parentale ha guidato un’autovettura per conto di un vettore a cui il suo datore aveva affidato in appalto il servizio, per sostituire un autista assente a titolo gratuito. La Corte giustifica la sua pronuncia sulla base del fatto che tale permesso è finalizzato allo svolgimento di attività familiari e pertanto vengono violati l’obbligo di fedeltà ed i doveri di correttezza e buona fede disciplinati rispettivamente dagli articoli 2105 c.c., 1175 c.c. e 1375 c.c.
IL REGIME CONTRIBUTIVO DEGLI APPRENDISTI NON È UN’AGEVOLAZIONE
La Corte di Cassazione con sentenza n. 6428/2018 ha affermato che il regime contributivo degli apprendisti non è un’agevolazione, in quanto il vantaggio economico che deriva dalla sua instaurazione è legato alla tipologia di rapporto di lavoro.