TUTELA DEL DATORE DI LAVORO CONTRO LO “STRAINING”
Con sentenza n. 7844/2018 la Corte di Cassazione ha riconosciuto il dovere del datore di lavoro di tutelare i dipendenti da un eventuale danno da “straining”, specificando che trattasi di una forma più lieve del mobbing in quanto non caratterizzato da atteggiamenti persecutori continui, ma tali da generare nel dipendente una situazione di stress che va ad incidere sul diritto alla salute costituzionalmente garantito.
Nel caso di specie un dipendente di un istituto bancario è stato estromesso dalla direzione generale cui si susseguirono episodi sporadici di scherno da parte dei colleghi, anche tramite lettere diffuse in agenzia, il tutto nella totale assenza di intervento da parte del datore.
FALLIMENTO E LICENZIAMENTO DEI DIPENDENTI
Il fallimento non determina automaticamente lo scioglimento del rapporto di lavoro ma quest’ultimo rimane sospeso fino alla dichiarazione del curatore fallimentare sulla sua prosecuzione o scioglimento definitivo (art 72 l.f). In questo lasso di tempo, in mancanza di prestazioni corrispettive, viene meno l’obbligo di corrispondere al lavoratore la retribuzione ed i contributi. Qualora il curatore non intenda proseguire il rapporto di lavoro è tenuto a rispettare le norme limitative dei licenziamenti individuali o collettivi ex legge 223/1991. È quanto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 7308/2018 la quale però specifica che in caso di licenziamento illegittimo, a seguito di decisione del curatore di non proseguire l’attività, i lavoratori hanno diritto all’indennità risarcitoria disciplinata dall’art 18 L. 300/1970 per le mensilità perdute dal giorno del licenziamento alla reintegra.
LEGITTIMO IL LICENZIAMENTO A SEGUITO DI REITERATI RIFIUTI AD ANDARE IN TRASFERTA
La trasferta si differenzia dal trasferimento perché caratterizzata dalla temporaneità dell’assegnazione ad una sede diversa da quella abituale, nell’interesse e su disposizione unilaterale del datore di lavoro, tale per cui è irrilevante la preventiva manifestazione di disponibilità. La Corte di Cassazione con sentenza del sentenza n. 6896/2018 ha rigettato il ricorso di un dipendente che si rifiutava sistematicamente di andare in trasferta a causa di problemi di salute. La Corte ha affermato che il mancato adempimento delle direttive organizzative aziendali appare ingiustificato in quanto:
- in relazione all’attività svolta, la trasferta è un elemento essenziale;
- le condizioni fisiche del lavoratore non sono tanto gravi da precludere la trasferta.
CLAUSOLA ELASTICA ILLEGITTIMA NEL CONTRATTO DI PART-TIME
Con sentenza n. 6900/2018 la Corte di Cassazione ha sancito che l’illegittimità della clausola elastica di un contratto a tempo parziale è causa di richiesta di risarcimento del danno. Tale clausola prevede necessariamente l’indicazione della collocazione oraria della prestazione lavorativa in virtù della facoltà del datore di richiedere al lavoratore, ad libitum, un amento delle ore lavorative. La Corte specifica che l’illegittimità della clausola elastica non determina né invalidità del contratto né la trasformazione a tempo indeterminato ma al lavoratore spetta l’integrazione del trattamento economico e la relativa richiesta di risarcimento del danno, da quantificarsi in via equitativa. In ogni caso al datore è data la possibilità di produrre prova liberatoria per dimostrare l’assenza di pregiudizio nei confronti del lavoratore.