Con l’interpello n. 23 del 24 settembre 2015, il Ministero del Lavoro ha fornito chiarimenti con riferimento all’applicazione della disciplina dei riposi giornalieri per la lavoratrice madre durante il primo anno di vita del bambino contenuta nell’art. 39 D.Lgs. n. 151/2001.
Il caso è quello della lavoratrice madre che non intenda usufruire, spontaneamente e per proprie esigenze, senza coercizione, dei permessi già richiesti al datore di lavoro ex art. 39: può, in questo caso, trovare o meno applicazione nei confronti di quest’ultimo la sanzione contemplata dall’art. 46 del citato decreto?
Il Ministero ha precisato che il diritto di fruire dei riposi in questione ha natura di diritto potestativo, inteso quest’ultimo quale situazione giuridica soggettiva consistente nell’attribuzione di un potere alla lavoratrice madre cui corrisponde dal lato del datore una posizione giuridica passiva di soggezione e non di obbligo; il datore deve, infatti, consentire alla madre la fruizione dei permessi qualora la stessa presenti esplicita richiesta.
Quindi, a differenza di quanto avviene nell’ipotesi di astensione obbligatoria per maternità, la lavoratrice madre può scegliere se esercitare o meno il proprio diritto, fruendo dei summenzionati riposi.
Solo nell’ipotesi in cui ella decida di esercitarlo e il datore di lavoro non glielo consenta troverà applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria stabilita dall’art. 46.
Diversamente, qualora la lavoratrice madre presenti una preventiva richiesta al datore di lavoro per il godimento dei permessi giornalieri e successivamente, in modo spontaneo e per proprie esigenze non usufruisca degli stessi per alcune giornate, non è ravvisabile alcuna violazione e di conseguenza non potrà trovare applicazione la misura sanzionatoria ad essa collegata.
Resta ferma la possibilità, da parte degli organi di vigilanza, di effettuare eventuali verifiche in ordine alla spontaneità della rinuncia della lavoratrice circa il godimento dei permessi in questione.
Sul punto appare pertanto opportuno che la suddetta rinuncia sia giustificata da ragioni che rispondano in modo inequivocabile ad un interesse della lavoratrice (ad es. frequenza di un corso di formazione, impossibilità di rientrare in casa in ragione di uno sciopero dei mezzi pubblici ecc.).