Con la sentenza n. 10018 del 16 maggio 2016, la Corte di Cassazione ha asserito che, nel caso in cui il lavoratore non risulti più idoneo alla mansione, sussiste l’onere in capo al datore di lavoro in merito alla verifica della sussistenza dei presupposti del licenziamento, anche valutando le possibilità di repêchage, mentre non sussiste alcun obbligo in capo al lavoratore, il quale non è tenuto ad attivarsi presso il datore di lavoro per richiedere il demansionamento che consenta di evitare il licenziamento.
Il caso è quello di una lavoratrice licenziata perché affetta da patologie che non consentivano di svolgere le mansioni di addetta alla cura di bambini.
La Corte ha evidenziato che, nell’ipotesi di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore, il giustificato motivo oggettivo consiste non soltanto nella fisica inidoneità del lavoratore all’attività attuale, ma anche nell’inesistenza in azienda di altre attività (anche diverse, ed eventualmente inferiori) compatibili con lo stato di salute del lavoratore ed a quest’ultimo attribuibili senza alterare l’organizzazione produttiva.