Siamo in un vortice dove il cambiamento è all’ordine del giorno.
Questo, dopo l’emergenza sanitaria ed economica, l’abbiamo capito.
Ora, lo sforzo è quello di comprendere qual è la mentalità, il pensiero, il comportamento e le azioni che il nuovo leader dovrà mettere in atto per trasformarsi in un catalizzatore di cambiamento all’interno della propria organizzazione.
Nel profondo, la ricerca di ognuno di noi è quella di trovare la chiave per vivere e far vivere ai nostri collaboratori, un senso di benessere.
Creare le condizioni affinché le persone facciano scelte consapevoli verso un interesse comune che va oltre al proprio individualismo.
Scegliere di distinguersi, di eccellere nel proprio lavoro, di formarsi adeguatamente, di contribuire a costruire qualcosa di grande. Uno scopo condiviso in linea con la visione aziendale.
Scegliere. Qualcosa di magico, sia per chi legittima la scelta, che per il collaboratore che sceglie.
Una libertà che muove le persone verso obiettivi ben formati, spezzando lo schema mentale e il condizionamento sociale in cui il lavoro e la retribuzione, per anni, sono stati ricollegati al fattore tempo.
In oltre 30 anni di lavoro ho gestito persone e, in questi 30 anni, ho cambiato la mia leadership.
Un cambiamento dovuto all’età, alla crescita personale, al cambiamento di interessi, di conoscenza e al contesto interno ed esterno.
Prima era una leadership più direttiva, in cui non era presente la delega fiduciaria. Esisteva solo la gestione del compito. La mentalità era quella del vinco/perdi.
Poi sono passata a una leadership più collaborativa, animata dalla volontà di condividere e far crescere le persone. I primi risultati sono arrivati. Non c’è dubbio. Le persone sono fiorite, ma la mentalità era ancora fortemente collegata al controllo.
In quel periodo ho cercato di mantenere le promesse, essere coerente, disponibile e diventare un punto di riferimento. Ho cambiato il mio approccio.
La mentalità è passata dal vinco/perdi a quella dell’abbondanza, il paradigma vinci/vinci secondo cui c’è spazio per tutti.
Poi ho iniziato ad ascoltare di più. Questo è stato il momento più difficile. Diventare un foglio bianco ed entrare nel mondo, nei pensieri e nelle convinzioni del collaboratore per comprendere il suo punto di vista prima di giudicare e sputare sentenze.
Non è stato facile. Ha richiesto un grande lavoro personale. La conoscenza delle proprie emozioni, della loro gestione e della capacità di trasformare le emozioni in punti di forza.
Il passo successivo è stato quello di lasciare andare. Spostarsi in seconda fila e lasciare che altre persone, sulle quali avevo investito per diversi anni, fossero libere di fare scelte consapevoli all’interno del loro ruolo.
Una scelta che ha messo la fiducia al centro del sistema.
Una fiducia incondizionata per permettere alle persone di esplorare, di decidere e di assumersi delle responsabilità con lo scopo di imparare serenamente.
Ed eccoci al 2021. Il momento di guardarci allo specchio e scegliere, di nuovo, uno stile di leadership in linea con quello che il mondo e la nuova generazione ci sta chiedendo.
Una leadership di sostegno per aiutare i collaboratori a trovare la loro voce all’interno dello studio.
Un ulteriore cambio di cappello. Il quarto.
Il prima è stato quello del professionista.
Il secondo, quello che manager.
Il terzo, quello dell’imprenditore.
Il quarto è quello più evoluto, quello del leader che cresce altri leader.
Un cappello più spirituale per ispirare gli altri e liberare il loro potenziale. Fare in modo che ognuno trovi la sua strada perché, solo persone bilanciate, soddisfatte e realizzate, possono dare il meglio nelle nostre organizzazioni offrendo un servizio eccellente, personalizzato e di alto valore aggiunto.