Il passaggio tra le 5 età della civilizzazione

Peter Drucker è stato il padre del management.

Queste sono le sue parole “in poche centinaia di anni, quando la storia del nostro tempo sarà scritta da una prospettiva a lungo termine, è assai probabile che gli studiosi del periodo non considereranno la tecnologia, internet o l’e-commerce come gli eventi più importanti. Lo sarà invece un cambiamento della condizione umana senza precedenti. Per la prima volta, letteralmente, un numero significativo e crescente di persone avrà la possibilità di scegliere. Per la prima volta dovranno gestirsi autonomamente. E la società non è affatto pronta”.

Un affermazione profetica che Stephen R.Covey riprende nel suo libro “L’ottava regola” dove fa un passaggio sulle 5 età della civilizzazione:

  • La prima, l’età della caccia e della raccolta
  • La seconda, l’età dell’agricoltura
  • La terza, l’età industriale
  • La quarta, l’età dell’information/Knowledge worker
  • La quinta, emergente, l’età della saggezza.

Immaginando di avere la macchina del tempo e di poter vivere le diverse età della civilizzazione.

Proviamo a riavvolgere la bobina e andare alla prima età, quella della caccia e della raccolta.

Andiamo con la mente al momento in cui ci armavamo di arco e frecce, per andare a caccia e raccogliere frutti.

Riviviamo quel momento.

Ogni giorno, le stesse azioni: caccia e raccolta.

Azioni ripetute che si susseguono in modo ripetuto fino al momento in cui, sul nostro cammino, incrociamo un uomo.

Ci fermiamo. Lo guardiamo e scambiamo due parole. Dice di essere un agricoltore.

Non conosciamo il significato di quella parola. D’istinto prendiamo le distanze.

Lo osserviamo mentre mette dei semi nel terreno, li innaffia e attende il raccolto.

Continuiamo ad andare a caccia, ma lo teniamo d’occhio.

Lo incrociamo di nuovo e scopriamo che l’attività di quell’uomo è 50 volte più redditizia della caccia.

Allora, mettiamo da parte la nostra diffidenza e iniziamo a fare un percorso formativo per diventare agricoltori, fino a quanto anche gli altri cacciatori fanno lo stesso percorso, riducendo del 90% l’attività di caccia.

Andiamo avanti nel tempo ed entriamo nella terza età, quella industriale.

Intorno a noi si costruiscono fabbriche, ci si specializza e si produce in scala.

Noi siamo agricoltori, ma poi scopriamo, ancora una volta, che la produzione in massa è più redditizia dell’agricoltura di 50 volte. Cosa facciamo?

Quello che abbiamo fatto nel passato.

Acquisiamo nuove capacità, nuovi strumenti e abbandoniamo l’agricoltura per creare una fattoria industrializzata. Gli altri ci seguono.

Ed è così che gli agricoltori diminuiscono del 90%.

Ritorniamo ai giorni nostri. Siamo nell’età dell’information/Knowledge worker.

Dovremmo aver imparato dalla storia. Ora sappiamo come funziona.

Dobbiamo cambiare la nostra mentalità, acquisire nuove competenze e nuovi strumenti per adattarci a una nuova età di civilizzazione ma, cambiare le nostre abitudini non è semplice.

Ci costruiamo delle scuse e degli abili, rimanendo intrappolati nel nostro schema mentale.

Continuiamo imperterriti ad agire come se fossimo ancora nell’età industriale.

Continuiamo a considerare gli impianti e gli strumenti di lavoro come un investimento e le risorse umane come un costo.

Ce lo ricorda questo libro quando parla dei bilanci delle aziende ove l’autore dice “Le persone vengono citate nel conto economico come una spesa; le apparecchiature vengono indicate nel bilancio come un investimento“.

Quindi, l’errore che stiamo commettendo è quello di considerare le persone come “cose”.

Le insultiamo, le alieniamo, spersonalizziamo il loro lavoro creando, inconsapevolmente, culture diffidenti, sindacalizzate e litigiose.

Ed è così che puntiamo il dito verso i lavoratori, etichettandoli come irresponsabili, fannulloni e ladri di stipendio.

Non tutte le aziende sono così. Non c’è dubbio.

Ma questo serve per comprendere il bisogno di cambiare.

Non c’è più tempo.

Questo periodo di emergenza sanitaria ce l’ha dimostrato.

Non è più il sistema di controllo che deve essere attuato. Questo faceva parte della precedente età.

Oggi, dobbiamo investire sul capitale umano creando un sistema aziendale basato sulla fiducia, sul senso di responsabilità e sull’autonomia.

Ma per farlo, in qualità di professionisti, manager e imprenditori, dobbiamo cambiare la nostra mentalità.

Dobbiamo adattarci e reinventarci sulla base del cambiamento che sta avvenendo intorno a noi.

Ecco perché è nato il progetto #professionistiperlaripresa.

Un progetto che vede i giovani come la chiave di volta.

Quelli che possono aiutarci a guardare al futuro.

Anche perché l’età della civilizzazione emergente è quella della saggezza e noi dobbiamo prepararci.

Dobbiamo prepararci a scegliere, perché come disse Peter Drucker, la nostra società, oggi, non è pronta a scegliere in modo consapevole.

È tempo di allenarci!

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