Trasformare la paura in coraggio in periodo di Covid-19 – Case History

Competenza sviluppata

La gestione emotiva e organizzativa durante il periodo emergenziale attraverso attività di coaching e problem solving strategico aziendale.

Caso

Il caso trattato è quello di una Fondazione presente sul territorio italiano. La RSA durante il Covid 19 ha dovuto affrontare un periodo particolarmente impegnativo, durante il quale gli ospiti non potevano vedere i loro parenti e, quelli affetti da Covid 19, dovevano essere isolati per garantire la sicurezza delle persone presenti in struttura. Problemi organizzativi acutizzati altresì da:

  • pesanti turni del personale occupato a causa del maggior lavoro per l’assenza di colleghi infetti;
  • un livello di stress ed emotività oltre i limiti di soglia.

In un contesto così complesso dettato dall’urgenza, la responsabile degli infermieri e delle ASA, istintivamente ha abbandonato il proprio ruolo per aiutare i colleghi nell’operatività quotidiana. Seppur umanamente comprensibile, aver lasciato scoperto il ruolo di coordinamento del reparto, ha creato altri problemi gestionali che hanno portato la responsabile, a sua volta, a un crollo psicologico che l’ha intrappolata in un meccanismo che le ha fatto percepire la risoluzione del rapporto di lavoro come l’unica soluzione percorribile.

Dov’era il problema

Il problema era dettato da un alto livello di stress prolungato nel tempo. Questo, ha innescato nella responsabile di struttura, due diverse paure: la paura di non riuscire a mantenere il controllo della situazione e la paura di fallire e di non essere all’altezza del ruolo.

Le reazioni di un soggetto davanti alla paura sono: l’attacco, l’immobilismo o l’evitamento.

La responsabile, che chiameremo Carla, stava andando in quest’ultima direzione.

Una direzione che l’avrebbe portata a sentire su di sé le c.d. ferite di battaglie mai combattute.

Qual è stato l’intervento

L’intervento è stato strutturato in due parti:

  1. Intervento di coaching

La prima parte si è esaurita in due sessioni di coaching. Durante gli incontri Carla ha lavorato sulle emozioni provate, sui sensi di colpa verso le colleghe che, a suo avviso, non era riuscita a tutelare da un punto di vista della salute e della sicurezza, sulle difficoltà oggettive presenti in un contesto così difficile e sulla sua reazione spontanea nel mettersi in prima linea per aiutare chi ne aveva bisogno. Una reazione, analizzata e quindi razionalizzata, che ha portato Carla a cambiare il suo punto di vista.

Il basso livello di energia residua non ha aiutato la persona nel rialzarsi, ma è stata sufficiente a ritrovare le forze necessarie per riavvolgere la bobina e valutare oggettivamente i fatti avvenuti e riorganizzare il proprio lavoro.

Revocate le dimissioni e messa in sicurezza la struttura, abbiamo fissato la seconda parte dell’intervento.

2. Intervento di problem solving strategico aziendale

Lavorando per priorità con Carla e il direttore, è emersa la necessità di intervenire, in prima battuta, sulla comunicazione con la responsabile infermieristica il cui ruolo era stato assegnato da poco e che l’avrebbe aiutata a gestire al meglio la comunicazione all’interno del reparto, con l’obiettivo di riportare, quindi, la struttura a un livello di normalità.

Il livello di fiducia tra loro era abbastanza basso e questo non permetteva alle responsabili di collaborare in modo efficace ed efficiente.

È stato iniziato l’intervento di problem solving strategico aziendale utilizzando Nardone’s Model. I passaggi sono stati i seguenti:

  • È stato definito l’obiettivo S.M.A.R.T. (Specifico, Misurabile, Accordato, Realistico, Tempificato);
  • È stata utilizzata la tecnica del “come peggiorare”. Una tecnica che si basa su una logica non ordinaria che parte analizzando le cose da fare, dire o pensare per fallire l’obiettivo;
  • Una volta analizzate le tentate soluzioni fallimentari messe in atto rispetto l’elenco delle attività evidenziate durante la tecnica del “come peggiorare”, sono state prese in esame le eccezioni positive:
  • Dopo questo step, è stato revisionato l’obiettivo, continuando l’intervento con la “tecnica dello scalatore”. Questa tecnica consiste nell’identificare le attività sequenziali da mettere in atto per raggiungere l’obiettivo ma, ancora una volta, la logica seguita è stata quella non ordinaria. Ossia, invece di stabilire le attività in modo sequenziale progressivo, siamo andati al contrario partendo dall’ultima cosa che le persone avrebbero fatto prima di raggiungere l’obiettivo. E proprio come lo scalatore che scende con la corda dalla montagna per raggiungere la valle, abbiamo stabilito le attività successive sequenziali partendo dall’obiettivo fino a stabilire il primo piccolo passo da mettere in atto;
  • Una volta ultimato il lavoro, è stato fissato un incontro con il direttore, durante il quale le due responsabili hanno presentato il progetto di miglioramento che avevano stilato.

Il mio ruolo all’interno del percorso è stato quello di facilitatore certificato dalla scuola di Nardone.

Quali sono stati i vantaggi per la Fondazione

I due interventi hanno prodotto i seguenti vantaggi:

  • Per l’azienda, in quanto:
    • con il primo intervento, non è stata persa una persona importante e di fiducia;
    • con il secondo intervento, è stato reso più efficiente il reparto infermieristico;
  • Per i colleghi, in quanto:
    • hanno ritrovato in Carla la guida del reparto;
    • hanno visto un’unicità d’intenti tra le due responsabili che ha giovato in termini organizzativi e di benessere personale;
  • Per Carla, in quanto ha ritrovato il bilanciamento personale dopo aver trasformato la paura in coraggio;
  • Per la responsabile infermieristica, perché ha migliorato la comunicazione con la sua responsabile, aumentando il livello di fiducia e di collaborazione.
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