Ep. 3 – L’arte di gestire le persone

Se ti sei perso gli episodi precedenti ascoltali ora: episodio 1, episodio 2.


Gli anni ’90 erano anni d’oro. I clienti arrivavano senza fatica.

Nessuna attività di marketing, solo passaparola.

In quegli anni, la facilità con la quale acquisivo nuovi clienti, compensava la difficoltà che mi trascinavo per la mancanza di affiancamento a un professionista durante il periodo di praticantato.

Mentre da una parte, il fatto di non aver vissuto un’esperienza concreta in uno studio professionale, mi servì a trovare le risorse per emergere, dall’altra costituì sicuramente una carenza importante,che si fece sentire soprattutto quando iniziai a strutturarmi.

Ricordo che l’inesperienza mi faceva navigare a vista.

Quando arrivò il momento di assumere del personale, la struttura vacillò.

Stavano cambiando le regole del gioco.

Si entrava nel mondo della relazione, dove il risultato non dipendeva solo da me, ma da altri giocatori.

Il cambiamento consisteva, infatti, nel passaggio da un’autogestione (del tempo, del lavoro e del sapere), alla gestione di persone. Persone che, ogni mattina, entravano in studio con il loro vissuto, le loro credenze, i loro pregiudizi, le loro aspettative e soprattutto le loro emozioni.

Ma io, di quelle dinamiche, non ne sapevo nulla. Ne ero assolutamente inconsapevole.

Un’inconsapevolezza che abbracciava, non solo la conoscenza delle persone e delle neuroscienze, ma anche delle competenze manageriali in senso lato.

Quelle competenze che permettono di:

  • gestire e motivare il team
  • negoziare e dirimere i conflitti
  • rafforzare la leadership
  • garantire un clima di benessere
  • gestire i processi e i carichi di lavoro
  • monitorare i risultati
  • garantire un servizio di qualità.

Ed è con questa incoscienza, o meglio questa inconsapevolezza, che a 24 anni accolsi in studio la mia prima praticante.

Ricordo ancora il suo stupore quando seppe di avere davanti la titolare dello studio.

Si trovò davanti una ragazzina con qualche anno più di lei.

Fortunatamente era una persona solare e il piacere di lavorare insieme, si trasformò in momenti di condivisione, quasi di gioco.

Il vero problema nacque qualche anno dopo, quando arrivò la prima dipendente.

Avevo 28 anni, una bimba piccola e un pancione. La gravidanza a rischio e la mia assenza dallo studio, probabilmente contribuì ad acuire alcuni problemi, che già aleggiavano nell’aria.

Ricordo l’angoscia di quel periodo e la frase che spesso ripetevomi risulta più difficile fare il datore di lavoro che fare il genitore”.

Vivevo quella conflittualità come un attacco personale.

Era il mio percepito. La verità è che non sapevo gestire il team.

Subivo i malumori e le battutine delle persone e, più li subivo, più mi arrabbiavo. Un circolo vizioso disfunzionale che intaccava il mio bilanciamento, trovando nel pianto una fonte di sfogo.

Ero incastrata nel problema e non riuscivo a trovare una soluzione per sgrovigliare la matassa.

A distanza di 25 anni, guardandomi indietro, darei un consiglio a quella giovane professionistanon esistono cose facili o difficili. Esistono solo cose che sai fare o che non sai fare”.

Questo, mi avrebbe sicuramente fatto razionalizzare il problema e, invece che rifugiarmi nel pianto, mi sarei iscritta a un corso per acquisire competenze per gestire al meglio i miei collaboratori.

Ma si sa, dagli errori si impara e forse è da qui, dal mio vissuto, che è nata la voglia di aiutare gli imprenditori a gestire le risorse umane in un clima di benessere collettivo.

La vita insegna. Quello che per noi non ha un senso, forse un senso ce l’ha.

Le difficoltà, la fatica e la continua ricerca di soluzioni, fanno crescere.

Alimentano il tesoretto che ci portiamo dietro e che, con gli anni, si trasforma in saggezza.

Sta a noi scegliere come spenderlo. Se tenerlo per noi o condividerlo con altri.

In ogni caso, quello che ho imparato è che la gestione delle persone è un’arte.

Un’arte che si apprende ogni giorno dall’ascolto delle persone e che rappresenta la chiave per il successo delle aziende.

Soprattutto oggi, in un mercato, dove tutto è incerto, veloce e complesso, l’unica àncora, sono le persone.

Persone sulle quali investire perché rappresentano il vero patrimonio aziendale.


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