Se ti sei perso il primo episodio ascoltalo ora.
I primi 2 anni da libera professionista, li passai cercando di mettere insieme qualche soldo per acquistare l’attrezzatura che mi serviva per espandermi.
Ero determinata ad acquistare un “vero” programma paghe.
Non uno qualunque, ma il migliore che c’era sul mercato.
Ricordo ancora quando chiesi a mio padre di accompagnarmi a Lodi per la trattativa commerciale.
Era il 1990. Zucchetti non era la multinazionale di oggi.
La persona che ci accolse in sede, ora occupa uno dei posti ai vertici aziendali. Mi consigliò al meglio e, a distanza di diversi anni, ebbi l’occasione di risentirlo.
Si ricordava ancora di quel giorno. Di quando entrai in azienda.
Ero una ragazzina. Una figura esile, con gli occhi da cerbiatto e un carattere da leone.
Per me, quello era il mondo dei grandi. Ero inesperta, ma la passione e la tenacia erano talmente evidenti che mi trasformarono in una piccola combattente.
Un atteggiamento di umiltà e forza che divenne poi il mio segno distintivo, anche quando andai alla ricerca del miglioramento continuo.
Ecco quello che ricordo.
Non ho mai avuto la fortuna di avere un padre, un mentore, un dominus o colleghi che mi insegnassero il lavoro.
Mi sono sempre arrangiata, ma ho avuto la fortuna di incontrare nel mio percorso lavorativo, diverse persone gentili, preparate e sorridenti che presidiavano gli sportelli degli istituti previdenziali e assicurativi che frequentavo. Per me, erano dei maestri, degli esperiti e dei punti di riferimento.
A loro devo molto.
Ogni settimana, partivo da Gallarate, imboccavo l’autostrada e andavo a Varese.
Passavo dall’ufficio stampati per ritirare la modulistica da compilare e poi, tiravo dritto, fino a raggiungere l’INPS, l’INAIL e l’Ispettorato del Lavoro.
Arrivavo, mi mettevo in coda e, quando era il mio turno, trovavo visi amici, contornati da qualche ruga, sempre pronti ad aiutarmi e trovare soluzioni adeguate a risolvere il problema.
Problema, che talvolta manco c’era.
Spesso, infatti, andavo lì semplicemente per elemosinare informazioni e chiedere consigli.
Arrivavo con il mio foglietto di domande, lo aprivo e loro sorridevano. Proprio come si fa con un bambino che ti incute tenerezza.
Con pazienza, mi prendevano sotto l’ala protettrice e mi regalavano il loro tempo.
Ascoltavo con attenzione, mi appuntavo le risposte e mi allontanavo trionfante con il bottino che mi ero portata a casa.
Non so se quelli erano altri tempi. Sono cresciuta con dei genitori che mi hanno sempre insegnato ad essere autonoma e responsabile.
Quando tornavo a casa con il viso imbronciato perché non sapevo come risolvere un problema, mi dicevano “se non lo sai, chiedi”. E io facevo così, andavo e chiedevo senza mollare il colpo.
Oggi, vorrei portare questa storia agli occhi dei giovani. Solo come spunto di riflessione.
La domanda che vorrei fare, sia a loro che a noi genitori, è:
“Siamo sicuri che quando un ragazzo racconta che l’organizzazione in cui sta lavorando non gli permette di crescere, di formarsi, di imparare, il problema sia l’organizzazione stessa?”.
Qual è il contesto in cui viviamo?
Sicuramente non un contesto dove si devono elemosinare i consigli, bensì un contesto stimolante e tecnologico dove si trova velocemente qualsiasi informazione.
Pensiamoci. È semplice, ad esempio, trovare:
- Leggi, sentenze, prassi, dottrina, sia in internet che nelle banche dati dove, addirittura, si possono rinvenire tutti i documenti correlati;
- Corsi di formazione. Se digitiamo su google “corso di formazione per…”si apre il mondo. Enti, associazioni e ordini professionali organizzano ogni sorta di incontri di aggiornamento professionale;
- Pareri di colleghi. Se vogliamo confrontarci con dei colleghi su alcune pratiche, è sufficiente partecipare a delle community di professionisti appartenenti alla nostra stessa categoria;
- Informazioni e pareri su prodotti e servizi collegati alla nostra attività professionale. Se dobbiamo fare degli acquisiti per il nostro studio, abbiamo a disposizione in internet informazioni tecniche, recensioni, blog e commenti di ogni genere che possiamo consultare;
- Confronto diretto tramite tavole rotonde o incontri virtuali. Se vogliamo collaborare con colleghi o collaboratori, ci basta organizzare un incontro su teams (o qualsiasi altro strumento similare) per condividere documenti e lavorare in simultanea su alcune pratiche.
In questo contesto, quindi, quando i giovani esordiscono dicendo “Questa cosa non l’ho mai fatta. Non me l’hanno insegnata. Non mi hanno iscritto a un corso di formazione”, qual è secondo voi la risposta da dare?
Prima di cadere nella trappola animata da scuse ed alibi, aiutiamo il giovane a vedere un diverso punto di vista, guidandolo verso la consapevolezza dell’esistenza della “scelta”.
Invece di rispondere, proviamo a porre alcune domande potenti:
- Cosa ti impedisce di colmare questa carenza formativa?
- Cosa puoi fare per formarti, aggiornarti o acquisire le competenze che sono importanti per la tua crescita personale e professionale?
- Cosa puoi proporre al tuo datore di lavoro per attrarre e mantenere i talenti?
- Qual è la prima piccola azione che puoi mettere in atto per cambiare il tuo futuro dal punto di vista professionale?
Prima daremo al giovane un grande specchio dove guardare il vero responsabile di quelle lamentele e, prima si renderà conto del grande potere che detiene. Il potere della scelta, per trasformarsi nel vero artefice del proprio destino.
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